L’antiquario

Buongiorno Orientalisti! Oggi vorrei condividere un discorso affrontato poco tempo fa qui in Kandahar che è stato per me spunto di riflessione.
Si parlava del ruolo dell’antiquario nella società di oggi, dei tempi cambiati dall’inizio dell’attività (quasi 50 anni fa) e naturalmente della bellezza di quella che viene chiamata da qualcuno “arte povera”. Per trattare di questo dobbiamo partire dagli inizi dell’attività, un periodo a mio avviso difficile da capire per quelli della mia generazione (30 anni) un periodo di voglia di costruire, un periodo di difficoltà in cui non si trovavano scorciatoie, un periodo in cui non si aveva tutto e subito, un periodo in cui l’oriente era davvero lontano e chi tornava raccontava di mondi fiabeschi completamente diversi dal nostro, un periodo in cui però era possibile salire nel maggiolino e con determinazione spingersi fino alla lontana Kandahar! I meravigliosi pezzi che vedo ogni giorno qui in magazzino sono testimoni di culture ormai scomparse o quasi, ecco che il complemento d’arredo assume tutto un altro significato, non possiamo più considerarlo tale, il cucchiaio di legno sporco e patinato finemente inciso non è più un cucchiaio ma diventa il simbolo di un modo di pensare che sta scomparendo, di chi aveva poco ma non rinunciava alla bellezza, di chi aveva tempo e lo impiegava per creare arte, di chi con un coltello ed un pezzo di legno sapeva costruirsi gli utensili necessari al proprio sostentamento. Ecco che allora l’antiquario si rende custode di queste culture, di questo pezzo di umanità, di quello che l’uomo ha lasciato durante il suo breve passaggio sulla terra. Porta avanti consapevolmente o meno un importante pezzo di storia dell’uomo, proprio come fanno gli antropologi.
 
 
 
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